mercoledì 13 febbraio 2013

Fiore di Neve e il ventaglio segreto: due amiche, due sorelle giurate, ai tempi dell'antica Cina.

FIORE DI NEVE E IL VENTAGLIO SEGRETO.

L'amore per la Cina (e per l'Asia in generale), mi riporta alla libreria che piano piano sto costruendo. Ed ecco spuntare un libro delicato, dalla copertina chiara: Fiore di Neve e il ventaglio segreto di Lisa See. 
La mia edizione è di TEA (Lisa See, Fiore di neve e il ventaglio segreto, collana Teadue, traduzione di Federica Oddera, TEA, 2010, pp. 336, fonte: ibs.it e tealibri.it).
Da quando è uscito il "quasi" omonimo film, "Il Ventaglio segreto", la copertina è quella della locandina. 
 
Copertina dell'edizione italiana "ante-film".
Copertina dell'edizione italiana dopo il film.


TRAMA


Cina, provincia dello Hunan, XIX secolo. E' l'epoca delle donne dai piedi di loto, confinate nelle stanze più nascoste della casa. Passeggiare per i campi e per le strade è impossibile. Il dolore ai piedi mutilati sarebbe troppo forte. L'unico modo per comunicare tra loro: messaggi in codice tracciati a pennello sui ventagli.

Giglio Bianco e Fiore di Neve, sono due laotong, due amiche del cuore. La loro amicizia viene interrotta bruscamente da un equivico e dopo anni, ormai anziana, Giglio Bianco ripensa all'amica morta da tempo. Ne racconta la storia e rivela la verità che le ha allontanate per sempre.


Con Fiore di neve e il ventaglio segreto Lisa See è magistrale!


Non avete letto "Fiore di Neve e il ventaglio segreto"? 
Allora ecco alcune pagine.
Buona lettura!!!


"Nel mio villaggio mi definiscono «una che non è ancora morta»: sono una vedova di ottant'anni. Senza mio marito, le giornate sono lunghe. Non mi attirano più le prelibatezze preparate per me da Fiore di Peonia e dalle altre. Non pregusto più con desiderio e impazienza i lieti eventi che hanno luogo con tanta facilità sotto il nostro tetto. Mi interessa solo il passato, ormai. Dopo tutto questo tempo, posso dire finalmente ciò che prima - quando dipendevo dalla mia famiglia di origine perché mi crescesse o da quella di mio marito perché mi mantenesse - mi era precluso. Ho una vita intera da raccontare; non ho nulla da perdere e rischio di offendere ben poche persone. Sono abbastanza vecchia da conoscere anche troppo a fondo le mie buone qualità e i miei difetti, spesso difficili da distinguere. Ho sempre aspirato all'amore. Sapevo che non era opportuno per me desiderarlo o aspettarmelo, né da ragazza né da adulta, eppure lo volevo, e da tale anelito ingiustificato sono nati tutti i problemi della mia esistenza. Sognavo che mia madre si accorgesse di me e gli altri membri della famiglia imparassero ad amarmi. Per conquistarmi il loro affetto ero obbediente (la dote ideale per una donna), ma dimostravo una prontezza persino eccessiva nel fare quanto mi chiedevano. Sperando in una sia pur minima manifestazione di gentilezza nei miei confronti, mi sforzai di adeguarmi alle loro aspettative: cercai di avere i piedi fasciati più minuscoli della contea, e lasciai che mi venissero spezzate le ossa perché assumessero una forma migliore."        

"Sono qui da sola con i miei pensieri e con questo ventaglio. Quando lo prendo in mano lo sento stranamente leggero rispetto a tutte le gioie e tutti i dolori di cui è carico. Lo apro di scatto, e il fruscio di ogni piega suona come il palpito di un cuore. I ricordi mi sfrecciano davanti agli occhi. Negli ultimi quarant'anni ho letto il testo del ventaglio talmente tante volte che l'ho imparato a memoria meglio di una filastrocca dell'infanzia. Rammento il giorno in cui l'imtermediaria me l'ha consegnato. Mi tremavano le dita mentre lo allargavo. A quel tempo c'era solo una semplice ghirlanda di foglie a decorare il bordo superiore, e un unico messaggio stillava lungo la prima piega. Allora non conoscevo molti caratteri del nu shu, e così fu mia zia a leggermi le parole. «'Ritengo che nella vostra casa viva una fanciulla di buon carattere, esperta nelle arti femminili. Lei e io siamo nate nel medesimo anno e nel medesimo giorno. Non potremmo essere la stessa l'una per l'altra?» Guardo le volute delicate di cui si compongono quelle righe, e vedo non solo la ragazza che era un tempo Fiore di Neve, ma anche la donna che sarebbe diventata: tenace, leale, aperta."

"Scrivo queste pagine per chi si trova già nell'oltretomba. Fiore di Peonia, la moglie di mio nipote, mi ha promesso di bruciarle appena mori, perché il mio racconto preceda il mio spirito. Perché siano le parole a spiegare la mia condotta agli antenati, a mio marito, ma soprattutto a Fiore di Neve, prima che mi ripresenti al loro cospetto."

lunedì 4 febbraio 2013

La passione di Artemisia: la storia di Artemisia Gentileschi, grande pittrice e grande donna del '600.


LA PASSIONE DI ARTEMISIA.

Artemisia Gentileschi io non la conoscevo. 
Nel programma di storia dell'arte non c'era.
Non era neanche citata nel programma di italiano. Peccato!

Artemisia Gentileschi è stata una grandissima pittrice. Violata dal suo maestro, tradita dal padre e disonorata in tribunale, è un esempio di coraggio e dignità.
La passione di Artemisia di Susan Vreeland è un libro da leggere assolutamente: uno spaccato della vita artistica italiana del '600 dal punto di vista delle donne.

Edito da Neri Pozza (Susan Vreeland, La passione di Artemisia, collana I narratori delle tavole, traduzione di Francesca Diano, Neri Pozza, 2009, pp. 320, ISBN 88-7305-887-6 fonte:ibs.it).


Copertina dell'edizione italiana.

Dalla vita di Artemisia è stato tratto anche un film "Artemisia - Passione estrema"


TRAMA


Roma, 14 maggio 1612, sala Tor di Nona, tribunale papale, Artemisia Gentileschi, pittrice figlia d'arte di Orazio Gentileschi, viene torturata per dimostrare che ha realmente subìto una violenza sessuale dal suo maestro, Agostino Tassi. Costretta a nozze riparatrici con un pittore mediocre, continua a dipingere. Nelle sue opere riporta le vergogne, i dolori, il desiderio di riscatto vissuti perché donna, donna-pittrice


Ecco le mie catching pages. 
Se avete letto "La passione di Artemisia" e volete aggiungere le vostre pagine: lasciate un commento!


"Mio padre mi camminava accanto per darmi coraggio e con la mano sfiorava lieve i pizzi che ornavano le spalle del mio corpetto. La luce abbagliante, quasi allo zenit, infuocava già le pietre che pavimentavano la piazza. Sopra Tor di Nona, l'ombra immobile del nodo scorsoio dell'Inquisizione, il tribunale papale, si proiettava in modo sinistro sul muro e il suo profilo pareva l'immagine di una lacrima. «Un disagio di breve durata, Artemisia», disse mio padre, guardando diritto davanti a sé. «Non più di una piccola strizzatina». Stava parlando della sibilla. Se, con le dita strette dalle funi, avessi reso la stessa testimonianza della settimana precedente, avrebbero compreso che dicevo la verità e il processo sarebbe terminato. Processo non mio. Continuavo a ripetermi che non ero io quella sotto processo. Agostino Sassi era sotto processo. Mi risuonavano nelle orecchie le parole della denunzia che mio padre aveva sporto presso il papa Paolo V: «Agostino Tassi ha deflorato mia figlia Artemisia e l'ha forzata a ripetuti atti carnali, dannosi anche per me, Orazio Gentileschi, pittore e cittadino di Roma, povero querelante, tanto che non mi è stato possibile ricavare il giusto guadagno dal suo talento di pittrice.» Avrei voluto che nessuno lo sapesse, nemmeno lui. Ma un giorno mi aveva sentito piangere e mi aveva costretto a confessare.(...) La vite mostruosa scricchiolò. Trattenni il respiro. Le corde ruvide mi segavano la base delle dita, brucianti. Alle orecchie mi giunsero, oltre la tenda, dei brusii, che avvertii come un ruggito. «Signorina Gentileschi, quanti anni avete?» «Diciotto» «Diciotto. Non così giovane da non sapere che non dovreste offendere chi vi interroga. Riprendiamo. Avete avuto rapporti sessuali con un attendente del nostro Santo Padre, il defunto Cosimo Quorli?» «Lui...ha tentato, Vostra Eccellenza. Lo aveva portato in casa Agostino Tassi. L'ho respinto. Mi avevano insisdiato entrambi. Lanciandomi sguardi lascivi. Bisbigliando allusioni.» «Per quanto tempo?» «Per molti mesi. Un anno. Avevo appena diciassette anni quando hanno cominciato» «Che tipo di allusioni?» «Non mi piace dirlo» Il luogotenente scoccò un'occhiata all'assistente, che si mosse verso di me. «Allusioni alle mie bellezze nascoste. Cosimo Quorli minacciò di andare in giro a vantarsi di avermi posseduta, se non mi fossi sottomessa a lui». «E vi siete sottomessa?» «No». (..) «E' vero che, in ripetute occasioni, avete intrattenuto volontariamente rapporti sessuali con Agostino Tassi?» La stanza divenne soffocante. Trattenni il respiro. L'assistente diede un giro di vite. Irrigidii tutti i muscoli. La corda mi morse la carne. Anelli di fuoco. Il sangue zampillò. Com'era possibile che papà lo permettesse? Non mi aveva detto che ci sarebbe stato sangue. Inspirai tenendeo i denti serrati. Questo era il processo ad Agostino, non a me. Come fermarli? Dire la verità. «Non volontariamente. Agostino Tassi mi ha disonorato. Mi ha stuprato e ha violato la mia verginità.» «Quando accadde?» «L'anno scorso. Poco dopo Pasqua». «Se una donna subisce uno stupro, deve aver fatto qualche gesto d'invito. Che stavate facendo?» «Dipingendo! Nella mia camera da letto». Strinsi forte gli occhi per far uscire le parole. «Stavo dipingendo la nostra fantesca Tuzia e suo figlio, come modelli per una Madonna col Bambino. Lo fece entrare lei. Mio padre era andato via. Lei conosceva Agostino. Era un amico di mio padre. Mio padre lo aveva ingaggiato per insegnarmi la prospettiva.» «Perché non avete gridato?» «Non potei. Mi premette un fazzoletto sulla bocca». «Non avete provato a fermarlo?» «Gli ho tirato i capelli e gli ho graffiato il viso e... il membro. Gli tirai perfino un pugnale.» «Una donna virtuosa tiene un pugnale in camera da letto?» La testa mi si stava per spaccare in due. «Una donna minacciata lo fa». (...)  «Avete opposto resistenza?» (...) Il luogotenente si rivolse ad Agostino. «Volete ritrattare la vostra dichiarazione di innocenza?» La faccia di Agostino, dai tratti decisi, divenne fredda e brutta. Non volevo supplicare. Non lui. Santa Maria - pregai - non fare che debba supplicarlo. «No», rispose. «E' una puttana, esattamente come sua madre.» «Pensava di essere fidanzata!» urlò papà da dietro la cortina. «Era sottinteso. Lui l'avrebbe sposata. Delle giuste nozze riparatrici.» Il luogotenente si chinò verso di me. «Non avete risposto alla domanda, signorina. La sibilla può arrivare a troncarvi un dito». «E' Agostino sotto processo, non io. Sottoponete lui alla sibilla». «Stringi!» Madre di Dio, fammi svenire prima che io gridi. Il sangue prese a scorrere. La mia camicia bianca nuova si inzuppoò di rosso. Papà, falli smettere. Che avrei dovuto fare? Dire loro quello che volevano? Dire che ero una puttana? Non sarebbe servito ad altro che a far assolvere Agostino. Un altro giro. «Oh, oh, oh, basta!» Stavo urlando? «Per l'amor di Dio, basta!» urlò papà e si alzò in piedi. Il luogotentente schioccò le dita per farlo imbavagliare. «Dio ama coloro che dicono la verità, signor Gentileschi.» Mi guardò con aria truce. «Ora ditemi, e ditemelo sinceramente, signorina. Dopo la prima volta, avete sempre opposto resistenza?»


sabato 2 febbraio 2013

"Cigni selvatici. Tre figlie della Cina": un'autentica ed epica storia familiare dalla fine del Celeste Impero all'ascesa di Mao.


CIGNI SELVATICI. TRE FIGLIE DELLA CINA.

Ho imparato la storia cinese del XX secolo grazie a Jung Chang.
Cigni selvatici è un Documento Storico che riporta vivido il sapore degli affetti familiari, il dolore sordo della perdita e il calore dell'amore fra madre e figlia. 

L'edizione nella mia libreria è di TEA (Jung Chang, Cigni Selvatici. Tre figlie della Cina, collana Grandi Storie Tea, traduzione di Lidia Perria, Tea, 2005, pp. 677 + indice, ISBN 8850208472 fonte: Libreria universitaria.it e abebooks.it).


Copertina dell'edizione italiana.

TRAMA

Cigni selvatici è un libro sulla caduta dell'Impero Cinese, sui Signori della Guerra e l'ascesa di Mao. E' l'epica e vera vicenda della nonna di Jung Chang, di sua madre e della stessa autrice. Ricordi, dolori, affetti familiari si intrecciano alle complesse vicende politiche che hanno trasformato la Cina in meno di un secolo. Meraviglioso!


Ecco alcuni estratti. Avete già letto "Cigni Selvatici"
Cosa ne pensate?  
Intanto... Buona lettura :)


"Avevo sempre sognato di scrivere, ma all'epoca in cui vivevo in Cina l'idea di scrivere testi destinati alla pubblicazione sembrava impossibile. In quegli anni il Paese era soggetto alla tirannia di Mao, e la maggior parte degli scrittori subì sofferenze inaudite nel corso di interminabili persecuzioni politiche. Molti di loro vennero denunciati, altri inviati nei campi di lavoro, e alcuni sottoposti a pressioni tali da arrivare al suicidio. Nel biennio 1966-67, durante la «grande purga» di Mao, erroneamente definita «Rivoluzione Culturale», la maggior parte dei libri trovati nelle abitazioni private fu data alle fiamme. Mio padre, che era stato un funzionario del Partito comunista ma era caduto in disgrazia, fu costretto a bruciare la sua biblioteca che adorava, e quella fu una delle cause principali che scatenarono la sua follia. Anche scrivere per se stessi era estremamente pericoloso. Fui costretta a strappare la prima poesia che avevo scritto, il 25 marzo 1968, giorno del mio sedicesimo compleanno, e a gettare i pezzi di carta nel gabinetto perché i persecutori di mio padre erano venuti a compiere un'irruzione nella nostra abitazione. (...) Durante la violenta Rivoluzione Culturale che ebbe luogo fra il 1966 e il 1976, la mia famiglia ha subito atroci sofferenze. Mio padre e mia nonna sono andati incontro a una fine dolorosa. Io non volevo rivivere gli anni in cui mia nonna era stata malata senza ricevere cure, o la prigionia di mio padre, e la tortura di mia madre, costretta a stare in ginocchio su schegge di vetro. Le poche righe che riuscii a mettere giù erano superficiali e prive di vita. Non ne ero soddisfatta. Poi, nel 1988, mia madre venne a Londra per stare con me. Era il suo primo viaggio all'estero. Volevo che si divertisse il più possibile, e dedicai molto tempo a portarla fuori. Qualche tempo dopo, però, mi accorsi che non sembrava più lei. Aveva qualcosa per la testa; era irrequieta. Un giorno declinò la proposta di accompagnarmi per un giro di spese e si sedette al mio tavolo da pranzo nero, sul quale splendeva un mazzo di narcisi dorati. Tenendo fra le mani una tazza di tè al gelsomino, mi disse che quello che desiderava di più era parlare con me. Mia madre parlò ogni giorno per mesi interi. Per la prima volta da quando ero nata, mi parlò di sé e della nonna. Venni così a sapere che la nonnna era stata la concubina di un generale, uno dei signori della guerra del tempo, e mia madre si era iscritta al movimento clandestino comunista all'età di quindici anni."


"All'età di quindici anni mia nonna divenne concubina di un signore della guerra, un generale capo della polizia di un inconsistente governo nazionale cinese. Era il 1924, e la Cina era in preda al caos. Gran parte del suo territorio, compresa la Manciuria dove viveva mia nonna, era governata dai signori della guerra. L'unione fu combinata dal padre di lei, un funzionario di polizia di Yixian, una cittadina di provincia della Manciuria sudoccidentale, che si trovava circa centosessanta chilometri a nord della Grande Muraglia e quattrocento chilometri a nordest di Pechino. (...) Mia nonna era un'autentica bellezza. Aveva il viso ovale, con le guance rosee e la pelle luminosa. I capelli lunghi, di un nero lucente, erano raccolti in una folta treccia che le arrivava fino alla vita. Quando l'occasione lo richiedeva, e cioè quasi sempre, sapeva mantenere un atteggiamento riservato, ma sotto la compostezza esteriore fremeva di energia repressa. Era piccola di statura, circa un metro e sessanta, con una figura snella e le spalle cadenti, che erano considerate l'ideale. Il suo pregio maggiore, però, erano i piedi fasciati, che in cinese venivano chiamati «gligli dorati di otto centimetri» (santsun-gin-lian). Ciò significava che si muoveva come un tenero virgulto di salice alla brezza primaverile, per usare l'espressione tradizionale degli intenditori di bellezza muliebre cinesi."


"Agli inizi del 1938, mia madre aveva quasi sette anni. Era molto intelligente e mostrava una notevole inclinazione per gli studi. I genitori pensarono di farle cominciare la scuola all'inizio del nuovo anno scolastico, subito dopo il Capodanno cinese. L'istruzione, e in particolare i corsi di storia ed etica, era rigidamente controllata dai giapponesi. La lingua ufficiale a scuola era il giapponese, non il cinese. Dalla quarta elementare in poi, le lezioni si svolgevano interamente in giapponese e la maggior parte degli insegnanti veniva dal Giappone. L'11 settembre 1939, quando mia madre frequentava il secondo anno della scuola elementare, Pu Yi, l'imperatore del Manchukuo, giunse a Jinzhou in visita ufficiale con la moglie. Mia madre fu prescelta per offrire dei fiori all'inperatrice al suo arrivo. C'era una gran folla su una piattaforma decorata a colori vivaci, e tutti avevano in mano bandierine di carta gialla con i colori del Manchukuo. A mia madre era stato affidato un enorme mazzo di fiori, e si sentiva molto sicura di sé mentre attendeva vicino alla banda e a un gruppo di notabili in marsina. (...) Gli insegnanti dicevano che il Manchukuo era un paradiso in terra. Tuttavia mia madre, per quanto fosse piccola, si rendeva conto che, se la sua terra poteva essere definita un paradiso, lo era soltanto per i giapponesi."


"L'uomo magro, dall'aria trasognata, che quella mattina di ottobre mia madre vide lavarsi i denti in cortile, era noto fra i compagni di guerriglia per la sua meticolosità. Si lavava i denti tutti i giorni, e già quella era una novità per gli altri guerriglieri e per i contadini dei villaggi in cui aveva combattuto. A differenza di tutti gli altri, che si soffiavano il naso con le dita, lui usava un fazzoletto, che lavava nonappena gli era possibile. Non immergeva mai l'asciugamano per il viso nella bacinella comune, come facevano gli altri soldati, perché le infezioni agli occhi erano molto diffuse. Inoltre era noto come una persona colta e un lettore appassionato, e si portava sempre dietro qualche volume di poesia classica, anche in battaglia. (...) Anche mio padre conosceva il coraggio di mia madre e sapeva che lei, una ragazza di diciassette anni, impartiva ordini agli uomini, cosa del tutto inusuale. Una donna ammirevole ed emancipata, aveva pensato, anche se l'aveva immaginata simile a un feroce dragone. Con sua grande gioia, la trovò bella e femminile, persino un po' civetta. Era affabile e persuasiva nello stesso tempo e inoltre, cosa assai rara in Cina, era precisa. Quella era una qualità estremamente importante per mio padre, che detestava il tradizionale modo fiorito di esprimersi, poco serio e approssimativo. Mia madre notò che lui rideva molto e aveva denti bianchi e brillanti, a differenza della maggior parte dei guerriglieri, che spesso li avevano scuri e marci. Fu anche attratta dalla sua conversazione. La colpì perché era un uomo colto e intelligente: il tipo di persona che non confonde certo Flaubert con Maupassant."