lunedì 4 febbraio 2013

La passione di Artemisia: la storia di Artemisia Gentileschi, grande pittrice e grande donna del '600.


LA PASSIONE DI ARTEMISIA.

Artemisia Gentileschi io non la conoscevo. 
Nel programma di storia dell'arte non c'era.
Non era neanche citata nel programma di italiano. Peccato!

Artemisia Gentileschi è stata una grandissima pittrice. Violata dal suo maestro, tradita dal padre e disonorata in tribunale, è un esempio di coraggio e dignità.
La passione di Artemisia di Susan Vreeland è un libro da leggere assolutamente: uno spaccato della vita artistica italiana del '600 dal punto di vista delle donne.

Edito da Neri Pozza (Susan Vreeland, La passione di Artemisia, collana I narratori delle tavole, traduzione di Francesca Diano, Neri Pozza, 2009, pp. 320, ISBN 88-7305-887-6 fonte:ibs.it).


Copertina dell'edizione italiana.

Dalla vita di Artemisia è stato tratto anche un film "Artemisia - Passione estrema"


TRAMA


Roma, 14 maggio 1612, sala Tor di Nona, tribunale papale, Artemisia Gentileschi, pittrice figlia d'arte di Orazio Gentileschi, viene torturata per dimostrare che ha realmente subìto una violenza sessuale dal suo maestro, Agostino Tassi. Costretta a nozze riparatrici con un pittore mediocre, continua a dipingere. Nelle sue opere riporta le vergogne, i dolori, il desiderio di riscatto vissuti perché donna, donna-pittrice


Ecco le mie catching pages. 
Se avete letto "La passione di Artemisia" e volete aggiungere le vostre pagine: lasciate un commento!


"Mio padre mi camminava accanto per darmi coraggio e con la mano sfiorava lieve i pizzi che ornavano le spalle del mio corpetto. La luce abbagliante, quasi allo zenit, infuocava già le pietre che pavimentavano la piazza. Sopra Tor di Nona, l'ombra immobile del nodo scorsoio dell'Inquisizione, il tribunale papale, si proiettava in modo sinistro sul muro e il suo profilo pareva l'immagine di una lacrima. «Un disagio di breve durata, Artemisia», disse mio padre, guardando diritto davanti a sé. «Non più di una piccola strizzatina». Stava parlando della sibilla. Se, con le dita strette dalle funi, avessi reso la stessa testimonianza della settimana precedente, avrebbero compreso che dicevo la verità e il processo sarebbe terminato. Processo non mio. Continuavo a ripetermi che non ero io quella sotto processo. Agostino Sassi era sotto processo. Mi risuonavano nelle orecchie le parole della denunzia che mio padre aveva sporto presso il papa Paolo V: «Agostino Tassi ha deflorato mia figlia Artemisia e l'ha forzata a ripetuti atti carnali, dannosi anche per me, Orazio Gentileschi, pittore e cittadino di Roma, povero querelante, tanto che non mi è stato possibile ricavare il giusto guadagno dal suo talento di pittrice.» Avrei voluto che nessuno lo sapesse, nemmeno lui. Ma un giorno mi aveva sentito piangere e mi aveva costretto a confessare.(...) La vite mostruosa scricchiolò. Trattenni il respiro. Le corde ruvide mi segavano la base delle dita, brucianti. Alle orecchie mi giunsero, oltre la tenda, dei brusii, che avvertii come un ruggito. «Signorina Gentileschi, quanti anni avete?» «Diciotto» «Diciotto. Non così giovane da non sapere che non dovreste offendere chi vi interroga. Riprendiamo. Avete avuto rapporti sessuali con un attendente del nostro Santo Padre, il defunto Cosimo Quorli?» «Lui...ha tentato, Vostra Eccellenza. Lo aveva portato in casa Agostino Tassi. L'ho respinto. Mi avevano insisdiato entrambi. Lanciandomi sguardi lascivi. Bisbigliando allusioni.» «Per quanto tempo?» «Per molti mesi. Un anno. Avevo appena diciassette anni quando hanno cominciato» «Che tipo di allusioni?» «Non mi piace dirlo» Il luogotenente scoccò un'occhiata all'assistente, che si mosse verso di me. «Allusioni alle mie bellezze nascoste. Cosimo Quorli minacciò di andare in giro a vantarsi di avermi posseduta, se non mi fossi sottomessa a lui». «E vi siete sottomessa?» «No». (..) «E' vero che, in ripetute occasioni, avete intrattenuto volontariamente rapporti sessuali con Agostino Tassi?» La stanza divenne soffocante. Trattenni il respiro. L'assistente diede un giro di vite. Irrigidii tutti i muscoli. La corda mi morse la carne. Anelli di fuoco. Il sangue zampillò. Com'era possibile che papà lo permettesse? Non mi aveva detto che ci sarebbe stato sangue. Inspirai tenendeo i denti serrati. Questo era il processo ad Agostino, non a me. Come fermarli? Dire la verità. «Non volontariamente. Agostino Tassi mi ha disonorato. Mi ha stuprato e ha violato la mia verginità.» «Quando accadde?» «L'anno scorso. Poco dopo Pasqua». «Se una donna subisce uno stupro, deve aver fatto qualche gesto d'invito. Che stavate facendo?» «Dipingendo! Nella mia camera da letto». Strinsi forte gli occhi per far uscire le parole. «Stavo dipingendo la nostra fantesca Tuzia e suo figlio, come modelli per una Madonna col Bambino. Lo fece entrare lei. Mio padre era andato via. Lei conosceva Agostino. Era un amico di mio padre. Mio padre lo aveva ingaggiato per insegnarmi la prospettiva.» «Perché non avete gridato?» «Non potei. Mi premette un fazzoletto sulla bocca». «Non avete provato a fermarlo?» «Gli ho tirato i capelli e gli ho graffiato il viso e... il membro. Gli tirai perfino un pugnale.» «Una donna virtuosa tiene un pugnale in camera da letto?» La testa mi si stava per spaccare in due. «Una donna minacciata lo fa». (...)  «Avete opposto resistenza?» (...) Il luogotenente si rivolse ad Agostino. «Volete ritrattare la vostra dichiarazione di innocenza?» La faccia di Agostino, dai tratti decisi, divenne fredda e brutta. Non volevo supplicare. Non lui. Santa Maria - pregai - non fare che debba supplicarlo. «No», rispose. «E' una puttana, esattamente come sua madre.» «Pensava di essere fidanzata!» urlò papà da dietro la cortina. «Era sottinteso. Lui l'avrebbe sposata. Delle giuste nozze riparatrici.» Il luogotenente si chinò verso di me. «Non avete risposto alla domanda, signorina. La sibilla può arrivare a troncarvi un dito». «E' Agostino sotto processo, non io. Sottoponete lui alla sibilla». «Stringi!» Madre di Dio, fammi svenire prima che io gridi. Il sangue prese a scorrere. La mia camicia bianca nuova si inzuppoò di rosso. Papà, falli smettere. Che avrei dovuto fare? Dire loro quello che volevano? Dire che ero una puttana? Non sarebbe servito ad altro che a far assolvere Agostino. Un altro giro. «Oh, oh, oh, basta!» Stavo urlando? «Per l'amor di Dio, basta!» urlò papà e si alzò in piedi. Il luogotentente schioccò le dita per farlo imbavagliare. «Dio ama coloro che dicono la verità, signor Gentileschi.» Mi guardò con aria truce. «Ora ditemi, e ditemelo sinceramente, signorina. Dopo la prima volta, avete sempre opposto resistenza?»


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